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Filosofia della differenza: la donna come “secondo incomodo”

di Giulia Redi, classe 5G

“L’analisi del linguaggio è un prezioso mezzo di informazione, e di previsione. …ma ha le sue tossine: un discorso può avvelenare, accerchiare, circondare, imprigionare o liberare, guarire, nutrire, fecondare. Raramente è neutro.” (1985, Luce Irigaray, filosofa e psicanalista belga)

A seguito di un percorso svolto in classe sulla filosofia della differenza, che mi ha spinta a riflettere sul ruolo della donna come soggetto e sul suo sviluppo di pensiero in una società maschilista e patriarcale, ho constatato che, sebbene si siano fatti enormi passi avanti negli ultimi tempi, l’idea di un mondo inclusivo sotto ogni punto di vista è ancora lontana.

Il linguaggio è uno degli aspetti che più rispecchiano la società in cui viviamo, declinata prevalentemente al maschile, ed è proprio da esso che la filosofia della differenza parte per analizzare il ruolo della donna.

Sin dall’antichità, per esempio, la lingua pone l’uomo alla base della narrazione di ogni vicenda umana, obbligando il genere femminile a parlare di sé facendo uso di un linguaggio esclusivo ed inappropriato al suo pensiero. “Essa – scrive la filosofa italiana Adriana Cavarero a proposito della donna – non si autorappresenta nel linguaggio, ma accoglie con questo le rappresentazioni di lei prodotte dall’uomo.”

Le professioni maschili indeclinabili al femminile, quei termini che assumono un significato dispregiativo quando associati alla donna e la declinazione grammaticale maschile che spesso precede quello femminile nel parlato, sono tutti casi frequenti e rappresentativi di questo fenomeno: l’uomo è il parametro di riferimento.

Il linguaggio, apparentemente universale, è in realtà sessuato, poiché modellato secondo un “tipo umano assoluto”, mentre la donna, o per meglio dire il “secondo sesso”, ne è dipendente.

Negli ultimi tempi si è rivolta l’attenzione verso la necessità di adottare un lessico che potesse adeguarsi anche al genere femminile ed al suo pensiero. L’espressione verbale, specchio della nostra società, esercita un ruolo fondamentale nella percezione e nella costruzione della realtà in cui viviamo: non dimentichiamoci che le parole materializzano un pensiero, ed il loro peso suscita sempre in chi le ascolta un effetto. La parola può generare ogni tipo di reazione, ed è proprio a partire da essa che si può compiere il primo passo verso un cambiamento.

Ma è già tutto perduto o quello che ci sembra essere un miraggio può davvero diventare realtà?
Per prima cosa, è importante tenere presente che tutto comincia dalla consapevolezza: riconoscere che ci sono delle differenze, di genere e non solo, è il primo passo verso il cambiamento ed una più completa visione del mondo.

Intraprendere il percorso di studio della filosofia della differenza è un ottimo punto di partenza verso il riconoscimento della diversità come ricchezza e non più come oggetto di critica ed esclusione. Ci sono ancora così tante cose da imparare sul rispetto e sull’uguaglianza, ma è proprio partendo da quelle “piccole cose” che se ne possono generare di grandi e di migliori.