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Potere ai giornalisti! O forse no…

Potere”. Che cos’è il potere? Per definizione è la possibilità o la capacità di compiere un’azione. Tutto bene fino a qui. Ma se si continuasse affermando che “potere” è anche la capacità di influire sul comportamento altrui, influenzandone i pensieri, le decisioni, le opinioni, le azioni? La connotazione cambia e il significato ci appare ora dispregiativo, forse diverso da ciò a cui credevamo prima.

Ma chi sono allora le persone potenti? I ricchi? Le pop star? I politici? I giornalisti? No, i giornalisti no, non possono di certo essere potenti, loro.

Se riguardiamo un momento la seconda definizione ci accorgiamo però che anche i giornali e i media esercitano una certa potenza su di noi, in quanto, anche se non ce ne accorgiamo, spesso veniamo influenzati da opinioni altrui e finiamo per attribuire assoluta certezza a ciò che i giornalisti ci fanno credere sia giusto.

Ecco qui provato che il lavoro del giornalista assume tutto un altro aspetto e acquisisce molta importanza a livello sociale. I giornalisti possono contribuire a forgiare le nostre menti diventando interpreti dei fatti, una sorta di guida in questo mondo sempre più complicato e in continua evoluzione. I giornali sono qualcosa di più che fotografie e parole stampate. Vengono letti, commentati, e le notizie, specialmente se stravaganti, si spargono velocemente e sono presto sulla bocca di tutti.

Possiamo quindi credere ciecamente a tutto quello che leggiamo? Assolutamente no. Questo potere è davvero molto delicato da gestire e abusarne diventa una tentazione irresistibile. La Costituzione attribuisce ai cittadini la libertà di pensiero e di espressione, ed è un bene, ma come facciamo a riconoscere ciò che è vero da ciò che è l’opinione di chi scrive?

Non ci sono ricette. Bisogna avere cultura personale, spirito critico e sapere che coloro che possiedono i giornali, che decidono cosa pubblicare e che importanza dare alle varie notizie, possono anche farlo per un qualche interesse.

Il celeberrimo film Quarto potere, pubblicato nel 1941, prodotto e interpretato da Orson Welles, lo ha spiegato in modo esemplare.

Questo film narra la storia di Charles Foster Kane, un uomo che, arricchitosi improvvisamente, acquisisce potere e rilevanza grazie al suo giornale, il New York Inquirer, che conduce personalmente. Il suo scopo è influenzare pesanetemente l’opinione pubblica, divenendo così un potente opinion maker (come si dice oggi).

Nel film Charles afferma: “Io sono un’autorità su come far pensare la gente“, ed anche: “Darò agli abitanti di questa città un quotidiano che pubblichi tutte le notizie importanti con onestà in modo che la gente sia sempre al corrente di tutto in modo chiaro e semplice. Interessi privati non interferiranno con la verità. Io darò anche al pubblico un giornale pronto a combattere a tutela dei loro diritti di cittadini ed esseri umani”.

Ma il problema sta qui: può esserci conflitto tra il desiderio di dare le notizie, per amore di cronaca e di verità, e quello di usare (o manipolare) le notizie, per il proprio potere. Difficile è capire se ciò che viene narrata è la verità o sono solo bugie. In conclusione non ci resta che affidarci al solito detto“fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”.