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La parola alla dirigente: “Studiate, studiate…”

La parola alla dirigente

 

Studiate, studiate…”

 

Fare un’intervista alla dirigente non è facile: un po’ di imbarazzo, qualche timore… Ma basta farsi coraggio… e andare tutte insieme. Così siamo entrate nel suo ufficio, un pomeriggio, con solo mezz’ora di preavviso. La dirigente, che qualche impegno lo ha senza dubbio, ci ha accolto subito con molta disponibilità. Probabilmente pensando, ma solo dentro di sé, alla nostra dabbenaggine: “ma non potevano chiedermelo con qualche giorno di anticipo?”. Eravamo tutta la redazione, al completo.  Alcune di noi hanno registrato, con il cellulare, ma poi alla sottoscritta è toccato in sorte il compito di fare le domande e di trascrivere le risposte. Qui di seguito il nostro “interrogatorio” al “capo”.

 

Dirigente Maria Silva Boccardi, perché ha scelto questa professione?

“Mi è sempre piaciuta la scuola. Con il lavoro da dirigente mi sembrava di poter fare qualcosa di utile all’interno di questo ambiente. Inoltre, dopo un certo numero di anni in cui insegnavo, ho valutato che avrei potuto dedicarmi all’organizzazione della scuola”.

Preferisce il lavoro da insegnante o da dirigente?

“Sono due cose molto diverse, ma mi piacciono entrambe. A quest’età preferisco fare la dirigente: rimanere in classe tutti i giorni con i ragazzi è molto impegnativo. Però mi è piaciuto tanto anche insegnare”.

Cosa vorrebbe cambiare all’interno della scuola?

“Ci mancano degli spazi per organizzare al meglio le attività. Un’altra lacuna è la partecipazione degli studenti, degli insegnanti e di tutto il personale, intesa come voglia di aggiungere qualcosa in più al lavoro di tutti i giorni. Non che manchi l’impegno: ma uno scatto in più…”.

Qual è l’aspetto del suo lavoro che preferisce e quello che le piace meno?

“La cosa che preferisco è stare con le persone; parlare con i ragazzi e con gli insegnanti, partecipare alle riunioni e organizzare, ma mai da sola. Ciò che apprezzo meno è la burocrazia, il dover rispondere a domande su dati che, talvolta, ritengo poco utili”.

In quali altre scuole ha lavorato prima?

“Ho lavorato all’ “Istituto Professionale servizi commerciali e turistici” per più di 20 anni; poi sono stata dirigente in due Istituti Comprensivi. Nei miei primissimi anni ho insegnato anche in una scuola italiana nel nord Africa. Ero molto giovane, si trattava di una scuola di cantiere, facevo l’insegnante di inglese, francese e geografia. Ero affiancata da 2 colleghi. Gli studenti erano una quindicina, figli di italiani che lavoravano in Algeria. I loro genitori costruivano una diga. E’ stata una bella esperienza”.

Com’è il suo rapporto con insegnanti e studenti?

“Buono, direi… forse lo sapete meglio voi, però…”.

Quale lavoro sognava di fare da bambina?

“Molti e diversi; dall’ingegnere nucleare, all’architetto, all’avvocato e poi mi sono avvicinata alle lingue. Ho studiato inglese e francese all’università, poi, per conto mio, tedesco e spagnolo”.

Qual è stato il suo percorso di studi?

“Ho frequentato il liceo scientifico e l’università di lingue”.

Quali sono le sue funzioni all’interno della scuola?

“E’ una domanda che richiederebbe alcuni mesi per rispondere. Il dirigente gestisce il rapporto con l’esterno (Istituzioni, leggi…) e ciò che accade all’interno: si organizzano la gestione del personale, l’orario, le classi, gli spazi e molto altro. Ovviamente non faccio tutto da sola, sono affiancata dai miei collaboratori”.

Ricorda un avvenimento particolarmente bello che ha vissuto durante la sua carriera o un ostacolo particolarmente grande che ha dovuto affrontare?

“Avvenimenti belli ce ne sono stati tanti. Ricordo il primo scambio linguistico con i miei studenti quando ero docente di inglese, nel 1993. E’ stata un’esperienza molto interessante e formativa. Per quanto riguarda gli ostacoli mi vengono in mente dei ragazzi particolarmente difficili, che non sempre sono riuscita ad aiutare come avrei desiderato”.

Se avesse frequentato il liceo linguistico quale terza lingua avrebbe scelto?

“Chissà, mi piacciono tutte le lingue. Ai miei tempi non avremmo scelto cinese, non se ne parlava nemmeno. Ma se fossi alla vostra età, tuttavia, lo studierei sicuramente. Il cinese apre molte porte verso l’oriente e quella cinese è una cultura affascinante, molto diversa dalla nostra”.

Quali sono gli sbocchi tipici per gli studenti del linguistico?

“Di sbocchi tipici non ne esistono: vengono fatte scelte in tutti i settori. Forse dal punto di vista scientifico siete meno attrezzati rispetto ad un liceo che ha questo indirizzo. Se matematica e fisica sono state fatte bene, però, anche le discipline non umanistiche sono accessibili. Chi frequenta il nostro liceo, difficilmente studia lingue all’università, non è uno sbocco automatico”.

Ha qualche progetto futuro per la scuola?

“Sì, ci sarebbero dei progetti futuri. Per quanto riguarda il linguistico si parla di una specializzazione. Oltre alle lingue si vorrebbero affrontare meglio anche le discipline scientifiche, economiche e giuridiche. Ritengo che il liceo linguistico abbia bisogno di una connotazione, non può basarsi solo sulle 3 lingue. Affinché ciò avvenga bisognerebbe fare 7 ore di lezione al mattino. Questo permetterebbe di terminare la giornata scolastica alle 14.15. Con questo programma non verrebbero inclusi rientri pomeridiani, che molto spesso si rivelano pensanti per gli studenti”.

C’è qualcosa che vorrebbe dire agli studenti?

“Studiate! Studiate! Studiare serve per costruire una preparazione generale e capire ciò che succede nel mondo. L’impegno che investite  quotidianamente, anche se qualche volta sembra inutile, vi permette di affrontare la realtà esterna all’ambiente scolastico, di saper argomentare e di avere un pensiero personale”.

 

Elisa Vulcan