Federico Ferrari, studente della 4D Esabac, ha partecipato alla cerimonia di premiazione del premio Goncourt assegnato al romanzo di Maud Simmonot “ L’enfant Céleste”. Di seguito le sue riflessioni sulla cerimonia e sul romanzo.
“ Le temps est différent ici, il glisse. Dans le hall de la pension, il y a une horloge en bois. Je touche le balancier en cachette à chaque fois que je passe devant. Ça me rappelle une histoire de Maman sur une horloge magique qui sonne une treizième heure après minuit…” “ Il tempo qui è diverso, scivola. All'entrata della pensione, c'è un orologio in legno. Io tocco il pendolo di nascosto ogni volta che ci passo davanti. Mi ricorda una storia di Mamma su un orologio magico, che scocca una tredicesima ora dopo mezzanotte…”
Lunedì 29 marzo, dalle 15 alle 16:30, si è tenuta la cerimonia dell’ottava edizione del “Prix Goncourt, la scelta dell'Italia”, che ha visto come vincitrice quest’anno la scrittrice Maud Simonnot col libro “L’Enfant Céleste”. La giuria era composta da studenti ESABAC provenienti da tutta Italia, i quali hanno letto due libri e espresso un giudizio redigendo una critica. Il prestigioso premio, che fra due anni festeggerà il suo centoventenario, è stato occasione di scambio, dove i giovani componenti della giuria hanno avuto la possibilità di interagire e porre delle domande all’autrice. L’atmosfera che si è creata era magica e commovente, al di là del tempo e delle barriere linguistiche. Il libro, amatissimo dai ragazzi, è un vero capolavoro: pubblicato dalla casa editrice Les Éditions L’Observatoire, si presenta come un volume elegante, breve e da divorare in poche giornate; la copertina, dai toni freddi e colori marini, su uno sfondo cristallino, ci fa già addentrare dolcemente nell’essenza e nei toni che caratterizzeranno tutto il libro; le pagine candide e porose ci prendono per mano e conducono a Nord, comme si l’esprit pouvait être purifié par les vents et la rigueur des paysages (cfr. L’Enfant Céleste, pg 62). Il libro condivide l'amore per la natura che, come l'autrice stessa ha fatto notare, si trova in libri come "Noces" di Albert Camus, citando nelle descrizioni poeti come Giordano Bruno e Rainer Maria Rilke. La trama? Dopo una delusione amorosa da una parte e l'amaro sentimento di incomprensione dall'altra, la madre e il figlio Célian partono su un'isola, lontana dalle aspettative sociali e dal fermento Parigino, sulle tracce di Tycho Brahe, che avrebbe ispirato Amleto di Shakespeare. In questo paradiso perduto, l'incontro di alcuni personaggi aiuta i protagonisti a trovarsi e diventare sé stessi, in simbiosi con la natura, dissolti nella bellezza e nell'amore, in un ambiente che stimola la crescita e uno sviluppo sano, facendo riaffiorare il fanciullo che ognuno di noi porta in grembo dentro di sé. Qui, oserei dire che lo stile precorre i contenuti, sebbene i due viaggino paralleli per tutto il romanzo. Ma parliamo della magia del libro. L’impaginazione e i capitoli brevi lasciano spazio al dolce immaginar, diventano la bianca tela su cui dipingere le emozioni più vere e in cui perdersi nelle profondità di una parola, il candido lenzuolo di una domenica mattina, fragrante di intimità e dolcezza. Il cielo terso e la vaga fragranza del Nord ci conducono in un mondo dai toni acquerello, perduto fra l’attimo e il respiro, nel regno di silenzi che alcuni seguitano a chiamare oblio, dove tutto è immobile e “non s’arresta un’ora” , dove i più segreti anfratti sanno di eterno, dove la natura e il tempo sono -come direbbe il lucido e appassionato Eraclito- un fanciullo che gioca, muovendo i pezzi sulla scacchiera - d’un fanciullo è il regno . In questo spiraglio di paradiso, ingenuo e spontaneo, si respira un lirismo onirico e leggero; un soffio lontano di Tramontana ci sussurra la sinfonia della vita, e le parole sulla pagina si muovono in una danza di brezza ed estivo tepore, di stelle e nitore, di dolci sogni e d’amore… E proprio in questa dimensione di sogno,dove tutto è possibile, la musica e danza si fondono in un eterno giubilo, come in un giorno di festa. Quando la sera rimargina le ferite del crepuscolo, la polvere d’oro e di sonno aspersa in un velo di notte e brezza approfondisce l’orizzonte. Ma nelle descrizioni della natura, dense e leggere, fresche e profonde, il cuore percepisce già il vento del disgelo. Tutto il libro sa di poesia, è imbevuto di poesia, è la poesia; e i summenzionati capitoli, brevi e freschi, mi davano l’impressione di star leggendo una poesia lontana dal tempo e dal trambusto, più vicina al sogno e alla dolcezza. Alla fine del libro, il mio cuore portava con sé la dolcezza e quel pezzo di infanzia che sono custoditi nella valle dei sogni fanciulli. La sferza della brezza selvaggia, la salsedine sulla pelle, le tacite costellazioni che istoriano il cielo, le narici piene di ossigeno puro e freddo, ardente sulla pelle, l’aurora ardente a levante e la dorata chioma del sole fanciullo, il sogno e l’ebbrezza, les embruns de la mer -- in fondo, queste cose sono la poesia. E nella tenebra, nell’ultimo anelato accordo di latte e di miele, nell’attimo prima dell’aurora, l’ultima goccia nella clessidra sarà forse d’oro, come le strisce della tigre.
Federico Ferrari 4D Esabac
https://www.institutfrancais.it/fr/node/9202
Di seguito, invece,
il link youtube, nel quale l'autrice stessa, ringrazia gli studenti e le scuole impegnate in questa manifestazione.