Davide Carrera, apneista, campione italiano della specialità, condivide con noi la sua passione per questo sport
Davide Carrera, nato a Torino il 25 dicembre 1975, è un apneista italiano. A 18 anni conosce Umberto Pelizzari, in seguito ne diviene l’assistente di superficie durante gli allenamenti e le gare; nel 1996 partecipa al primo campionato del mondo di apnea a squadre, facendo conquistare il primo posto alla nazionale italiana, ma è nel 2001 che la sua carriera prende il volo: a Capri Carrera realizza il record mondiale nella specialità dell’immersione libera, con una profondità di -91 metri. Dopo anni di competizioni, nel 2004 acquista un trimarano e si dedica all’esplorazione “in solitaria” del Mar Mediterraneo, rafforzando così il suo legame con la natura. Nel 2009, al rientro dal suo viaggio di ricerca spirituale, stabilisce alle Bahamas il record nazionale in assetto costante; lo stesso anno Carrera viene contattato dal regista Thierry Donard per prendere parte al film “Instant”. Nel 2013, dopo aver partecipato alle riprese di un’altra pellicola, realizza tre nuovi record italiani in diverse specialità dell’apnea, mentre nel 2014, alle Isole Eolie, raggiunge i 94 metri di profondità in 2 minuti e 43 secondi, battendo un altro record. È anche ricordato per essere il protagonista, nel 2017, di due nuovi record nazionali: -114 metri in assetto costante di monopinna e -75 metri in assetto costante senza pinne.
In questa intervista, realizzata prima del D.P.C.M. relativo all’emergenza sanitaria, si approfondisce il nascere, lo sviluppo e l’importanza del suo interesse verso l’apnea, dando adito a riflessioni su cosa può insegnare a ciascuno di noi.
Come è iniziata la sua passione per l’apnea?
Io sono di Torino, quindi non sono nato in prossimità del mare. Tuttavia, i miei nonni materni hanno una casa in Liguria e io, da quando ero piccolo, ho passato tutte le estati al mare e lì ho iniziato a giocare. Il mare mi faceva paura, ma allo stesso tempo mi chiamava a sé. Ho provato la maschera di mia cugina (più grande di me) e ho cominciato ad ammirare i fondali marini dalla superficie vicino alla riva, poiché non sapevo ancora nuotare. Tutto ciò che avevo era la maschera, i braccioli e tanta curiosità alimentata da una grande intraprendenza. Così, continuando ad esplorare e a raccogliere conchiglie, è nata questa passione.
Quando ha capito che l’apnea sarebbe diventata la sua professione?
Il mio appuntamento con il mare è diventato ben presto qualcosa di annuale, a cui non potevo assolutamente rinunciare. Ho realizzato che l’acqua mi piaceva, che era il mio elemento, nonostante i vani tentativi da parte di mio padre di farmi giocare a pallone. Ad un certo punto, ho chiesto ai miei genitori di portarmi in piscina, dato che preferivo il nuoto a tutti gli altri sport sulla “terraferma”. Ho iniziato a praticare il nuoto a livello agonistico, ero quasi tutti i giorni in piscina e quello mi ha dato una preparazione fisico-atletica e un’acquaticità che mi è stata di grande aiuto nell’apnea vera e propria. Infatti, col passare del tempo, è cresciuto in me il desiderio di spingermi più a fondo nel mare, perché mi emozionava. Estate dopo estate, metro dopo metro, a diciotto anni già dimostravo di andare ad una profondità notevole. In quell’occasione, tramite un amico conobbi Umberto Pelizzari, il quale mi invitò a vedere qualche suo allenamento all’isola d’Elba. Da allora il mio percorso si è evoluto, visto che ho potuto fare tante esperienza assieme a lui e in giro per il mondo, oltre che le prime gare. Io nel frattempo avevo studiato Agraria, pertanto nutrivo anche una passione per la natura in tutte le sue forme, permettendo così di avere più strade aperte per il futuro. Avevo fatto persino la patente nautica per avere la possibilità di navigare e andare a vela, per poter lavorare come skipper. Alla fine, però, è stata l’apnea la passione che ha prevalso.
Quando si allena, preferisce il mare o la piscina?
Personalmente preferisco il mare, perché il rapporto con la natura è sempre in grado di arricchirti. Però, quando si vive nel rigido clima di città, la piscina rappresenta un ottimo mezzo per potersi allenare. Io ho passato la mia adolescenza in piscina e mi è servita tantissimo.
Quali sono gli aspetti positivi e negativi di questo sport?
A mio parere sono quasi tutti positivi, visto che essenzialmente l’apnea è uno sport introspettivo, che ci aiuta a conoscerci meglio, ci dona libertà, ci fa crescere come persone su tutti i fronti, anche su quello spirituale. Tuttavia, a volte ci si può far ossessionare dalle performance, visto che la mente si concentra solo ed esclusivamente sui metri e i minuti, piuttosto che a trovarsi in sintonia con l’acqua. Anzi, proprio per ottenere delle performance è importante provare sempre piacere, divertimento e gioia nel fare le cose.
Durante una gara, qual è lo stato d’animo che prevale?
Da ragazzino regnava l’ambizione di diventare un campione, mentre ora è maggiore la voglia di poter respirare pura gioia. Mi ricordo che, da adolescente, sono stato ispirato dai campioni di quell’epoca in vari sport, che mi motivavano a condurre una vita sana, fare movimento, cercare il contatto con la natura, a praticare yoga, a imparare a conoscermi meglio. Quindi, se ora a mia volta posso dare questo ai giovani, è un’ulteriore motivazione che mi spinge a fare gare e a ottenere dei risultati. Magari, in questo modo, gli adolescenti hanno l’opportunità di prendere esempio da me e di ascoltare un mio consiglio, ossia cercare di mettere sempre amore in ciò che si fa, per la natura, per gli altri e per sé stessi, cercando un equilibrio che ci faccia stare bene.
Se dovesse scegliere un motto per ispirare i giovani, quale sarebbe?
Il mio motto è in inglese (così raggiunge un po’ tutto il mondo) ed è: ”Respect the ocean, respect the other, respect yourself”. L’oceano simboleggia la natura, mentre il rispetto per l’altro deriva proprio dalle gare e dall’agonismo che nasce da esse, dove bisogna avere cura dell’incolumità dei propri compagni con i quali si vive quell’avventura. Il rispetto per sé stessi, infine, si riferisce anche all’agire con equilibrio. Sempre.
Anna Tramarini