Il paramecio batte il PC
Quando si parla di computer, si parla di “forza bruta” che consiste nella velocità di fare i calcoli matematici.
Quando si parla di uomo, però, si parla di “forza sottile” ossia di velocità nel risolvere operazioni alla base del pattern recognition. Questa piccola differenze di forza, è in realtà una differenza essenziale tra uomo e computer, che rende il computer un sistema statico, fisso, bloccato e l’uomo un sistema dinamico, in continua evoluzione, aperto al mondo, alla novità.
Federico Faggin, fisico, padre del primo microprocessore al mondo, del Touchscreen e di molto altro, sostiene che l’intelligenza artificiale si comporta come quando il medico dà un colpo mirato al ginocchio e la gamba balza avanti da sola. Questa viene chiamata risposta di tipo azione-reazione, dove la reazione arriva immediata, ma senza alcuna consapevolezza, meccanicamente.
L’uomo, invece, ha un comportamento di tipo azione-coscienza-reazione, dove la risposta è mediata dalla consapevolezza, quindi l’uomo ha la possibilità di riflettere sull’azione e DECIDERE come reagire. La macchina non è libera, l’uomo invece è libero.
Non solo l’intelligenza artificiale è lontana dal superare l’intelligenza umana, ma anche quella del più banale organismo unicellulare, ossia il paramecio.
Un paramecio è una cellula vivente, senza sistema nervoso, lunga circa un decimo di millimetro. Un paramecio nuota con grande rapidità, evita gli ostacoli ed i predatori, cerca il cibo e riconosce un altro paramecio con cui accoppiarsi.
Questo per dire che oggi non è possibile realizzare alcun computer in grado di riprodurre neppure i comportamenti di un paramecio! Viene dunque difficile credere che si possa arrivare a ri-creare l’intelligenza che possiede la nostra specie.
Il computer classico è governato dalla logica interna dei suoi algoritmi di cui la macchina non può essere cosciente. Senza consapevolezza l’evoluzione del computer sarà completamente vincolata all’uomo, il quale continuerà a migliorare sia hardware che software creando versioni sempre più avanzate di una macchina “intelligente”, ma non autonoma, cioè non in grado di evolvere da sola e di auto-programmarsi.
Noam Chomsky, un filosofo e uno scienziato cognitivista, sostiene che l’assenza di vita di un computer rende il computer stesso più banale di una “semplice” formica.
Inoltre nota che un robot ha un linguaggio statico, fisso, mentre l’uomo ha un linguaggio innovativo, in grado di formare espressioni nuove, che esprimono pensieri nuovi e che sono adatti a situazioni nuove.
Anche il filosofo John Searle si esprime, e afferma che l’intelligenza artificiale continuerà ad emulare l’uomo, senza mai raggiungerlo, in quanto coscienza, intelligenza e intenzionalitá appartengono alle menti di chi programma le macchine, e non alle macchine stesse. Le macchine non possiedono né consapevolezza né intenzionalità, neppure ad uno stadio minimale. Se solo ne possedessero un “grammo”, potremmo pensare di aumentare nel tempo questa capacità. Ma quanto a consapevolezza il robot più avanzato è a zero, zero!
di Sara Bianchi Muschio, 3G